PUPPETS THEATRE SHOW
Ritorna il sassofonista Alberto Greguoldo con la sua formazione Folklezmer e insieme danno vita a Puppets Theatre Show sapiente unione tra jazz, folk, e sonorità balcaniche.
Il brano d'apertura "Klezmorimlach" vede il sassofonista di Voghera interagire con l'organetto di Koby Israelite, mentre "Ershter Vals" sfoggia un arrangiamento simil-tango con ritmica mutevole e incostante, una digressione reggae e batteria ossessiva.
Imperdibile anche il rock di "Ghamarat" con il ritmo ora veloce ora rallentato, vivacizzato dal sax di Greguoldo.
Più orientaleggiante è invece "Big Odalisque"in cui il sax del musicista vogherese interagisce con la batteria di Carlo Garofalo che ci offre sorprendenti virtuosismi. Ritmo medio in "Cancer" impreziosita dalla tromba di Alberto Pena Zaldivar.
In Puppets Theatre Show l'improvvisazione jazz unita alle contaminazioni folk ed etniche rendono il lavoro variegato ed omogeneo oltre che godibile all'ascolto. Da segnalare anche l'uso del tagliere a corde mahai matak che ci porta indietro nel tempo alla scoperta di antiche tradizioni klezmer.
Per chi cerca un disco che coniughi tradizione ed innovazione, Puppets Theatre Show è un'ottima occasione che permette anche di conoscere l'estro e l'originalità di Alberto Greguoldo.
FRANCESCO FAVANO (Jazzitalia)
Mantenendo fermo l’interessa per la musica balcanica ed ebraica, Greguoldo rinnova ulteriormente il proprio punto di vista con questo progetto Folklezmer, insieme a un gruppo di brillanti ospiti internazionali ma soprattutto al bassista e al batterista dei Tongs, che svolgono davvero un lavoro eccellente.
Evidenti ma ben metabolizzate le ispirazioni downtown e no wave, dai Masnada a Waits a Steve Coleman; il gruppo ha infatti una personalità originale, non solo per i temi, quasi tutti dello stesso Greguoldo, ma anche per l’inconsueto coesistere di atmosfere da camera e di passaggi piu sperimentali, e in genere per la molteplicità dei piani espressivi, in cui non manca mai una sana dose di ironia, come negli effetti che accompagnano il nostalgico assolo di fisarmonica in chiusura. Molto eloquenti gli assoli del leader; vario il repertorio, in cui si affacciano anche tango, opera e blues; scuro e tagliente il suono (ben catturato da Ivan Rossi), in cui spicca il timbro inconsueto della speciale chitarra da tavolo progettata da Iriondo.
FRANCESCO MARTINELLI (Musica Jazz)
Il progetto Folklezmer nasce da un'idea di Alberto Greguoldo, giovane e talentuoso sassofonista vogherese con alle spalle un intenso percorso di studi maturato tra musica classica e jazz e ben tre album pubblicati a suo nome, il quale da sempre affascinato dalla musica klezmer ha voluto darne una personale rilettura in chiave jazz, ma sopratutto ha voluto riprendere il discorso iniziato con Place Of Dance, al fianco di mberto Petrin, Giancarlo Schiaffini e Mario Fragiacomo. Richiamati due vecchi amici come Carlo Garofalo (battria) e Antonio Bertoni (basso), già con lui nei Tongs, è nato Puppets Theatre Show, disco che mette in fila dieci brani strumentali, tra brani originali, tradizionali ebraici e una cover, incisi con la complicità di alcuni ospiti come l'anglo-israeliano Koby Israelite (Accordeon), Xavier Iriondo (Mahai Metak Guitar), e il cubano Alberto Pena Zaldivar (Tromba). Ogni nota di questo disco nasce da uno studio approfondito e da una ricerca attenta compiuta attraverso sia il repertorio di importanti compositori ebrei emigrati dall'Est-Europa in America come Giora Feidman e Mordechai Gebirtig sia su quello della musica tradizionale Yiddish, ed è questo che ha consentito a Greguoldo di muoversi con agilità in fase di composizione ma anche in quella di rilettura dei materiali d'archivio. Durante l'ascolto si incontrano le diverse suggestioni della musica klezmer il tutto condito da sfumature che spaziano dal free jazz al rumorismo della No-Wave fino a toccare la musica balcanica e il rock, in un fluire continuo di suoni ora taglienti ora swinganti che sfociano in travolgenti improvvisazioni sperimentali. Fondamentale nella riuscita del disco è senza dubbio la qualità della registrazione, mirata a valorizzare le timbriche, la vivacità dei toni e le tinte accese del suond che mette bene in evidenza il continuo altalenarsi di umori tra tragico ed ironico tipico del klezmer. A guidare la linea melodica è il sax di Greguoldo supportato in modo magistrale dall'ottima sezione ritmica, mentre dialoga ora con la tromba di Pena Zaldivar ora con l'accordeon di Israelite ora ancora con il Mahi Matak, una sorta di tagliere a corde suonato da Iriondo. A spiccare in modo particolare sono la divertente Harem Vs Halal, lo sgangherato tango di Ershter Vals dove le sonorità Yiddish vanno a braccetto con i ritmi da balera, la travolgente Ghamarat, e la spettacolare 27 che conduce i Folklezmer ai confini con il free-jazz. Puppetts Theatre Show è dunque un disco sorprendente che non mancherà di entusiasmare non solo gli appassionati di musica jazz ma anche i cultori della music klezmer più sperimentale. Da non perdere!
SALVATORE ESPOSITO (BlogFoolk)
Un’amabile follia tzigana, un inconsueto tritacarne (carne da kebab, s’intende), un sospiro malinconico indirizzato verso i Balcani ed oltre, una composizione del Re Cremisi (a buon intenditore..). Queste ed altre mille e una definizioni potremmo attribuire a Puppets Theatre Show, la creatura composta da Alberto Greguoldo e suonata, non senza capacità e maestria, dai suoi Folklezmer.
Tutto o quasi in acustico: il sax del capomastro Greguoldo viaggia traghettato dalla sezione ritmica di contrabbasso e batteria; come comprimari, per un arricchimento sonoro ulteriore, abbiamo tromba, fisarmonica e il Mahai Matak, una specie di tagliere dotato di corde e circuitazione suonato da sir Xabier Iriondo (Afterhours e Damo Suzuki su tutti).
Questi strumentali presentano una struttura intuitiva: il tema messo ben in evidenza e poi improvvisazioni, variazioni, cambi di tempo, stop e assoli vari. Certo è che se il disco si compone così ad ogni episodio, non per forza questi si assomigliano: Ershter Vals propone in salsa tartara, giamaicana e pure romagnola un tradizionale tema ebraico, Ghamarat è da inseguimento con incidenti di percorso e il fegato che implora pietà nella corsa sfrenata; 27 è uno sfregio alla melodia, al limite del free jazz.
Sperimentare su delle linee guida estremamente tradizionali, addirittura all’origine della civiltà moderna, è l’idea di base del gruppo. Lo svolgimento, una volta tanto, è all’altezza del concetto.
ELIA BILELLO (Indie Eye)
Un gruppo che mette in chiaro tutto a partire dal nome e quindi non perdiamoci troppo in introduzioni sterili e andiamo al disco. Seppur distanti soprattutto dal punto divista stilistico i Folklezmer mi hanno richiamato alla mente un progetto poco ricordato come i Full Metal Klezmer che avevano dato alle stampe due album pregevoli (uno per Cane Andaluso e l'altro per El Gallo Rojo). Musica ebraica quindi, certo, ma è come dire folk americano o rock psichedelico, in questo senso metà delle edizioni della Tzadik dimostrano come si possa diversificare l'evoluzione o il recupero della tradizione in seno ad un genere musicale nonostante la sua forte impronta estetica.
Il gruppo oltre al sax di Alberto Greguoldo annovera una sezione ritmica affiata (Carlo Garolfalo alla batteria e Antonio Bertoni al contrabbasso) che avevo avuto modo di godermi con i Tongs. Per quanto recuperino la tradizione e le melodie ebraiche, la musica dei Folklezmer si avvale di una registrazione pulita e molto compressa e di un gusto molto moderno, tanto che a tratti rasenta dei risultati da fusion o da jazz parecchio fisico. Tranquilli, a parte alcune impennate in certi punti, Puppets Theater Show suona comunque molto caldo e avvolgente, intendo semplicemente dire che la produzione in un certo senso li porta più vicini a Fima Ephron invece che ai New Klezmer Trio. Per altro si tratta di un disco che oltre ad alcune ottime idee non è privo di una certa ironia, motivo per il quale non potrei che augurarmi di vederli suonare in occasione di qualche celebrazione. Un groovy shalom a tutti voi fratelli!
ANDREA FERRARIS (Sodapop)
Studi classici e prassi jazz tra Ellington e tango alle spalle, il sassofonista Alberto Greguoldo arriva a un quarto disco personale che è il debutto, dopo due anni di lavoro, del progetto Folklezmer, trio che lo vede affiancato dalla affiatatissima sezione ritmica del gruppo jazzcore Tongs, e cioè il contrabbasso waitsiano (o meglio, alla Les Claypool quando suona gommoso e pauperistico per lo Zio Tom) di Antonio Bertoni e la batteria preparata/concreta di Carlo Garofalo (si veda il finale alla Lukas Ligeti di Big Odalisque).
Ben rappresentano titolo e copertina la natura giocosa, teatrale, a tratti grottesca della scrittura di Greguoldo, che mette assieme Zorn, Tim Berne, Steve Coleman, Tom Waits, certo jazzcore "cameristico" e un gusto per il momento impro/rumoristico figlio della No-Wave, dando una declinazione nuova e vitale del jazz-klezmerato. Dieci brani, quasi tutti autografi, tutti con il loro specimen, tra i quali ci piace citare la caricatura Harem vs Halal, il tango sghembo di Ershter Vals, le venature Contorsions di Ghamarat e il tema spezzato, tipo Masada meets Lounge Lizards, di 27. Ospiti Koby Israelite all'accordeon, Xavier Iriondo alla sua Mahai Metak Guitar e Alberto Pena Zaldivar alla tromba.
GABRIELE MARINO (Sentire e ascoltare)
La musica tradizionale ebraica incontra il jazz in questo progetto portato avanti dal sassofonista Alberto Greguoldo, accompagnato da Carlo Garofalo dietro a batteria e percussioni e Antonio Bertoni al basso; assieme a loro, alcuni “illustri ospiti”: il chitarrista - sperimentatore Xavier Iriondo, il trombettista cubano Alberto Pena Zaldivar e il fisarmonicista anglo - israeliano Koby Israelite.
Nelle dieci composizioni presenti si alternano creazioni originali, brani tradizionali, composizioni di autori ebrei emigrati negli U.S.A.
Il disco propone un viaggio ricco di suggestioni attraverso la musica klezmer, e le sue ricche sfumature traducibili in un'altrettanto ampia gamma di esiti quando 'sposata' allo sperimentalismo jazzistico.
Lo spettro delle declinazioni sonore è dunque quanto mai vario: si va da momenti all'insegna di una sinuosità ai limiti dello swing a momenti maggiormente 'taglienti', all'insegna di esplosioni free, da una linearità quasi 'canonica' a un certo sperimentalismo.
A dominare (e in un disco che dal klezmer trae la propria linfa vitale) è comunque la vivacità dei toni, le tinte accese, la varietà di umori che passa dal tragico all'ironico quando non all'autenticamente farsesco.
Come consuetudine per questo genere di dischi, il piatto riuscirà ugualmente gradito dai 'profani' che comunque ne gradiranno proprio la lucentezza cangiante dei colori sonori, e dagli intenditori, che potranno invece maggiormente apprezzare gli esiti meno evidenti della declinazione jazzistica dei suoni tradizionali.
MARCELLO BERLICH (Losing Today)
I have received new CD, FOLKLEZMER "Puppets Theatre Show," and it is excellent!! The music and arrangements are fresh and exciting, the selections are wonderful, and the technical quality is superb. I have already used several tracks on my daily klezmer / Jewish music program on WWDB AM 860 in Philadelphia, and I've gotten very positive listener reaction. Thank you for allowing me to add this vibrant new CD to my playlist.
BARRY REISMAN (BR Radio)
Quando in un disco trovi l’essenzialità, la passione e la follia, puoi esser certo di aver scoperto un grande disco: “Puppets Theatre Show” dei Folklezmer!
Nell’intero ciclo di “Puppets Theatre Show” non vi sono smagliature o cali di tensione, il sassofonista Alberto Greguoldo chiama a sé la sezione ritmica composta da Antonio Bertone e Carlo Garofalo (entrambi già nei Tongs) e ci regala uno splendido affresco con colori vivaci e snelli, dove più che l’occhio a soffermarsi su ogni particolare è l’orecchio!
La commistione di generi per i Folklezmer è un dono imploso nel sacrificio costante di una terapia ad alto tasso di musiche Balcaniche, coloriture Yiddish Tradizional-Popolari e Free-Jazz catartico. Tutti i brani vivono di vita propria, ognuno segue un suo percorso e raggiunge, senza eccezione, l’Humus per cui era nato.
Per completare ed arricchire “Puppets theatre show”, Greguoldo e compagni hanno beneficiato della collaborazione del fisarmonicista Koby Israelite (all’attivo diversi dischi con la Tzadik di John Zorn), Il chitarrista-rumorista Xabier Iriondo (ex Afterhours, Short Apnea, Polvere e tanto altro) ed il trombettista cubano Alberto Pena Zaldivar.
Che dire… creatività a disposizione della professionalità! Ottimo connubio!
ILARIO PISANU - GIUSEPPE BIANCO (Saltinaria)
Il klezmer, la musica di tradizione ebraica, è ormai divenuto, nella mani di artisti visionari come Frank London e David Krakauer, uno dei generi più aperti, trasversali, votati alla sperimentazione. Talvolta lo spirito di questa musica – quel suo inconfondibile miscuglio di ironia e malinconia, esuberanza e sofferenza; quel suo alternare raffinatezza e brutalità – emerge anche nei contesti apparentemente più lontani, dove la contaminazione con il jazz, il funk, il rap e quant’altro sembrerebbe oscurarlo. Su questa linea si muove l’ensemble capitanato da Alberto Greguoldo ai sassofoni, e che comprende contrabbasso (Antonio Bertoni), percussioni (Carlo Garofoli) e altri strumenti (in particolare, la fisarmonica di Koby Israelite) che si affiancano alla line-up del trio. Motivi tipici, ormai stra-sentiti, della tradizione klezmer, vengono rivisitati con fantasia, accanto a temi di invenzione dello stesso Greguoldo; anche questi, sottoposti a frammentazioni, scomposizioni che denotano una preparazione compositiva non trascurabile. Ma soprattutto, i brani risentono molto e delle ondate di improvvisazione jazzistica, e dell’apporto di motivi, ritmi e colori di tradizioni musicali a vario titolo mediterranee. Da tale maremoto, la vena klezmer riemerge ancora una volta, in vesti cangianti, ma intatta nella sua essenza: sempre nuova e sempre, insieme, meravigliosamente uguale a sé stessa.
FILIPPO FOCOSI (Kathodik)
Il brano d'apertura "Klezmorimlach" vede il sassofonista di Voghera interagire con l'organetto di Koby Israelite, mentre "Ershter Vals" sfoggia un arrangiamento simil-tango con ritmica mutevole e incostante, una digressione reggae e batteria ossessiva.
Imperdibile anche il rock di "Ghamarat" con il ritmo ora veloce ora rallentato, vivacizzato dal sax di Greguoldo.
Più orientaleggiante è invece "Big Odalisque"in cui il sax del musicista vogherese interagisce con la batteria di Carlo Garofalo che ci offre sorprendenti virtuosismi. Ritmo medio in "Cancer" impreziosita dalla tromba di Alberto Pena Zaldivar.
In Puppets Theatre Show l'improvvisazione jazz unita alle contaminazioni folk ed etniche rendono il lavoro variegato ed omogeneo oltre che godibile all'ascolto. Da segnalare anche l'uso del tagliere a corde mahai matak che ci porta indietro nel tempo alla scoperta di antiche tradizioni klezmer.
Per chi cerca un disco che coniughi tradizione ed innovazione, Puppets Theatre Show è un'ottima occasione che permette anche di conoscere l'estro e l'originalità di Alberto Greguoldo.
FRANCESCO FAVANO (Jazzitalia)
Mantenendo fermo l’interessa per la musica balcanica ed ebraica, Greguoldo rinnova ulteriormente il proprio punto di vista con questo progetto Folklezmer, insieme a un gruppo di brillanti ospiti internazionali ma soprattutto al bassista e al batterista dei Tongs, che svolgono davvero un lavoro eccellente.
Evidenti ma ben metabolizzate le ispirazioni downtown e no wave, dai Masnada a Waits a Steve Coleman; il gruppo ha infatti una personalità originale, non solo per i temi, quasi tutti dello stesso Greguoldo, ma anche per l’inconsueto coesistere di atmosfere da camera e di passaggi piu sperimentali, e in genere per la molteplicità dei piani espressivi, in cui non manca mai una sana dose di ironia, come negli effetti che accompagnano il nostalgico assolo di fisarmonica in chiusura. Molto eloquenti gli assoli del leader; vario il repertorio, in cui si affacciano anche tango, opera e blues; scuro e tagliente il suono (ben catturato da Ivan Rossi), in cui spicca il timbro inconsueto della speciale chitarra da tavolo progettata da Iriondo.
FRANCESCO MARTINELLI (Musica Jazz)
Il progetto Folklezmer nasce da un'idea di Alberto Greguoldo, giovane e talentuoso sassofonista vogherese con alle spalle un intenso percorso di studi maturato tra musica classica e jazz e ben tre album pubblicati a suo nome, il quale da sempre affascinato dalla musica klezmer ha voluto darne una personale rilettura in chiave jazz, ma sopratutto ha voluto riprendere il discorso iniziato con Place Of Dance, al fianco di mberto Petrin, Giancarlo Schiaffini e Mario Fragiacomo. Richiamati due vecchi amici come Carlo Garofalo (battria) e Antonio Bertoni (basso), già con lui nei Tongs, è nato Puppets Theatre Show, disco che mette in fila dieci brani strumentali, tra brani originali, tradizionali ebraici e una cover, incisi con la complicità di alcuni ospiti come l'anglo-israeliano Koby Israelite (Accordeon), Xavier Iriondo (Mahai Metak Guitar), e il cubano Alberto Pena Zaldivar (Tromba). Ogni nota di questo disco nasce da uno studio approfondito e da una ricerca attenta compiuta attraverso sia il repertorio di importanti compositori ebrei emigrati dall'Est-Europa in America come Giora Feidman e Mordechai Gebirtig sia su quello della musica tradizionale Yiddish, ed è questo che ha consentito a Greguoldo di muoversi con agilità in fase di composizione ma anche in quella di rilettura dei materiali d'archivio. Durante l'ascolto si incontrano le diverse suggestioni della musica klezmer il tutto condito da sfumature che spaziano dal free jazz al rumorismo della No-Wave fino a toccare la musica balcanica e il rock, in un fluire continuo di suoni ora taglienti ora swinganti che sfociano in travolgenti improvvisazioni sperimentali. Fondamentale nella riuscita del disco è senza dubbio la qualità della registrazione, mirata a valorizzare le timbriche, la vivacità dei toni e le tinte accese del suond che mette bene in evidenza il continuo altalenarsi di umori tra tragico ed ironico tipico del klezmer. A guidare la linea melodica è il sax di Greguoldo supportato in modo magistrale dall'ottima sezione ritmica, mentre dialoga ora con la tromba di Pena Zaldivar ora con l'accordeon di Israelite ora ancora con il Mahi Matak, una sorta di tagliere a corde suonato da Iriondo. A spiccare in modo particolare sono la divertente Harem Vs Halal, lo sgangherato tango di Ershter Vals dove le sonorità Yiddish vanno a braccetto con i ritmi da balera, la travolgente Ghamarat, e la spettacolare 27 che conduce i Folklezmer ai confini con il free-jazz. Puppetts Theatre Show è dunque un disco sorprendente che non mancherà di entusiasmare non solo gli appassionati di musica jazz ma anche i cultori della music klezmer più sperimentale. Da non perdere!
SALVATORE ESPOSITO (BlogFoolk)
Un’amabile follia tzigana, un inconsueto tritacarne (carne da kebab, s’intende), un sospiro malinconico indirizzato verso i Balcani ed oltre, una composizione del Re Cremisi (a buon intenditore..). Queste ed altre mille e una definizioni potremmo attribuire a Puppets Theatre Show, la creatura composta da Alberto Greguoldo e suonata, non senza capacità e maestria, dai suoi Folklezmer.
Tutto o quasi in acustico: il sax del capomastro Greguoldo viaggia traghettato dalla sezione ritmica di contrabbasso e batteria; come comprimari, per un arricchimento sonoro ulteriore, abbiamo tromba, fisarmonica e il Mahai Matak, una specie di tagliere dotato di corde e circuitazione suonato da sir Xabier Iriondo (Afterhours e Damo Suzuki su tutti).
Questi strumentali presentano una struttura intuitiva: il tema messo ben in evidenza e poi improvvisazioni, variazioni, cambi di tempo, stop e assoli vari. Certo è che se il disco si compone così ad ogni episodio, non per forza questi si assomigliano: Ershter Vals propone in salsa tartara, giamaicana e pure romagnola un tradizionale tema ebraico, Ghamarat è da inseguimento con incidenti di percorso e il fegato che implora pietà nella corsa sfrenata; 27 è uno sfregio alla melodia, al limite del free jazz.
Sperimentare su delle linee guida estremamente tradizionali, addirittura all’origine della civiltà moderna, è l’idea di base del gruppo. Lo svolgimento, una volta tanto, è all’altezza del concetto.
ELIA BILELLO (Indie Eye)
Un gruppo che mette in chiaro tutto a partire dal nome e quindi non perdiamoci troppo in introduzioni sterili e andiamo al disco. Seppur distanti soprattutto dal punto divista stilistico i Folklezmer mi hanno richiamato alla mente un progetto poco ricordato come i Full Metal Klezmer che avevano dato alle stampe due album pregevoli (uno per Cane Andaluso e l'altro per El Gallo Rojo). Musica ebraica quindi, certo, ma è come dire folk americano o rock psichedelico, in questo senso metà delle edizioni della Tzadik dimostrano come si possa diversificare l'evoluzione o il recupero della tradizione in seno ad un genere musicale nonostante la sua forte impronta estetica.
Il gruppo oltre al sax di Alberto Greguoldo annovera una sezione ritmica affiata (Carlo Garolfalo alla batteria e Antonio Bertoni al contrabbasso) che avevo avuto modo di godermi con i Tongs. Per quanto recuperino la tradizione e le melodie ebraiche, la musica dei Folklezmer si avvale di una registrazione pulita e molto compressa e di un gusto molto moderno, tanto che a tratti rasenta dei risultati da fusion o da jazz parecchio fisico. Tranquilli, a parte alcune impennate in certi punti, Puppets Theater Show suona comunque molto caldo e avvolgente, intendo semplicemente dire che la produzione in un certo senso li porta più vicini a Fima Ephron invece che ai New Klezmer Trio. Per altro si tratta di un disco che oltre ad alcune ottime idee non è privo di una certa ironia, motivo per il quale non potrei che augurarmi di vederli suonare in occasione di qualche celebrazione. Un groovy shalom a tutti voi fratelli!
ANDREA FERRARIS (Sodapop)
Studi classici e prassi jazz tra Ellington e tango alle spalle, il sassofonista Alberto Greguoldo arriva a un quarto disco personale che è il debutto, dopo due anni di lavoro, del progetto Folklezmer, trio che lo vede affiancato dalla affiatatissima sezione ritmica del gruppo jazzcore Tongs, e cioè il contrabbasso waitsiano (o meglio, alla Les Claypool quando suona gommoso e pauperistico per lo Zio Tom) di Antonio Bertoni e la batteria preparata/concreta di Carlo Garofalo (si veda il finale alla Lukas Ligeti di Big Odalisque).
Ben rappresentano titolo e copertina la natura giocosa, teatrale, a tratti grottesca della scrittura di Greguoldo, che mette assieme Zorn, Tim Berne, Steve Coleman, Tom Waits, certo jazzcore "cameristico" e un gusto per il momento impro/rumoristico figlio della No-Wave, dando una declinazione nuova e vitale del jazz-klezmerato. Dieci brani, quasi tutti autografi, tutti con il loro specimen, tra i quali ci piace citare la caricatura Harem vs Halal, il tango sghembo di Ershter Vals, le venature Contorsions di Ghamarat e il tema spezzato, tipo Masada meets Lounge Lizards, di 27. Ospiti Koby Israelite all'accordeon, Xavier Iriondo alla sua Mahai Metak Guitar e Alberto Pena Zaldivar alla tromba.
GABRIELE MARINO (Sentire e ascoltare)
La musica tradizionale ebraica incontra il jazz in questo progetto portato avanti dal sassofonista Alberto Greguoldo, accompagnato da Carlo Garofalo dietro a batteria e percussioni e Antonio Bertoni al basso; assieme a loro, alcuni “illustri ospiti”: il chitarrista - sperimentatore Xavier Iriondo, il trombettista cubano Alberto Pena Zaldivar e il fisarmonicista anglo - israeliano Koby Israelite.
Nelle dieci composizioni presenti si alternano creazioni originali, brani tradizionali, composizioni di autori ebrei emigrati negli U.S.A.
Il disco propone un viaggio ricco di suggestioni attraverso la musica klezmer, e le sue ricche sfumature traducibili in un'altrettanto ampia gamma di esiti quando 'sposata' allo sperimentalismo jazzistico.
Lo spettro delle declinazioni sonore è dunque quanto mai vario: si va da momenti all'insegna di una sinuosità ai limiti dello swing a momenti maggiormente 'taglienti', all'insegna di esplosioni free, da una linearità quasi 'canonica' a un certo sperimentalismo.
A dominare (e in un disco che dal klezmer trae la propria linfa vitale) è comunque la vivacità dei toni, le tinte accese, la varietà di umori che passa dal tragico all'ironico quando non all'autenticamente farsesco.
Come consuetudine per questo genere di dischi, il piatto riuscirà ugualmente gradito dai 'profani' che comunque ne gradiranno proprio la lucentezza cangiante dei colori sonori, e dagli intenditori, che potranno invece maggiormente apprezzare gli esiti meno evidenti della declinazione jazzistica dei suoni tradizionali.
MARCELLO BERLICH (Losing Today)
I have received new CD, FOLKLEZMER "Puppets Theatre Show," and it is excellent!! The music and arrangements are fresh and exciting, the selections are wonderful, and the technical quality is superb. I have already used several tracks on my daily klezmer / Jewish music program on WWDB AM 860 in Philadelphia, and I've gotten very positive listener reaction. Thank you for allowing me to add this vibrant new CD to my playlist.
BARRY REISMAN (BR Radio)
Quando in un disco trovi l’essenzialità, la passione e la follia, puoi esser certo di aver scoperto un grande disco: “Puppets Theatre Show” dei Folklezmer!
Nell’intero ciclo di “Puppets Theatre Show” non vi sono smagliature o cali di tensione, il sassofonista Alberto Greguoldo chiama a sé la sezione ritmica composta da Antonio Bertone e Carlo Garofalo (entrambi già nei Tongs) e ci regala uno splendido affresco con colori vivaci e snelli, dove più che l’occhio a soffermarsi su ogni particolare è l’orecchio!
La commistione di generi per i Folklezmer è un dono imploso nel sacrificio costante di una terapia ad alto tasso di musiche Balcaniche, coloriture Yiddish Tradizional-Popolari e Free-Jazz catartico. Tutti i brani vivono di vita propria, ognuno segue un suo percorso e raggiunge, senza eccezione, l’Humus per cui era nato.
Per completare ed arricchire “Puppets theatre show”, Greguoldo e compagni hanno beneficiato della collaborazione del fisarmonicista Koby Israelite (all’attivo diversi dischi con la Tzadik di John Zorn), Il chitarrista-rumorista Xabier Iriondo (ex Afterhours, Short Apnea, Polvere e tanto altro) ed il trombettista cubano Alberto Pena Zaldivar.
Che dire… creatività a disposizione della professionalità! Ottimo connubio!
ILARIO PISANU - GIUSEPPE BIANCO (Saltinaria)
Il klezmer, la musica di tradizione ebraica, è ormai divenuto, nella mani di artisti visionari come Frank London e David Krakauer, uno dei generi più aperti, trasversali, votati alla sperimentazione. Talvolta lo spirito di questa musica – quel suo inconfondibile miscuglio di ironia e malinconia, esuberanza e sofferenza; quel suo alternare raffinatezza e brutalità – emerge anche nei contesti apparentemente più lontani, dove la contaminazione con il jazz, il funk, il rap e quant’altro sembrerebbe oscurarlo. Su questa linea si muove l’ensemble capitanato da Alberto Greguoldo ai sassofoni, e che comprende contrabbasso (Antonio Bertoni), percussioni (Carlo Garofoli) e altri strumenti (in particolare, la fisarmonica di Koby Israelite) che si affiancano alla line-up del trio. Motivi tipici, ormai stra-sentiti, della tradizione klezmer, vengono rivisitati con fantasia, accanto a temi di invenzione dello stesso Greguoldo; anche questi, sottoposti a frammentazioni, scomposizioni che denotano una preparazione compositiva non trascurabile. Ma soprattutto, i brani risentono molto e delle ondate di improvvisazione jazzistica, e dell’apporto di motivi, ritmi e colori di tradizioni musicali a vario titolo mediterranee. Da tale maremoto, la vena klezmer riemerge ancora una volta, in vesti cangianti, ma intatta nella sua essenza: sempre nuova e sempre, insieme, meravigliosamente uguale a sé stessa.
FILIPPO FOCOSI (Kathodik)
PLACES OF DANCE
Allievo del concittadino Petrin e attivo sulla scena lombarda, Greguoldo è musicista pienamente contemporaneo perché capace di operare in contesti assai diversi, dalla libera improvvisazione al rock. In questo CD il sassofonista pavese ha arricchito il proprio trio con invitati di prim’ordine, tra i quali Schiaffini è il piu presente anche perché dimostra una immediata affinità con il progetto: il trombonista stimola il piu giovane collega alle piu originali improvvisazioni del disco (il duetto in Alcazar). Nei due brani con Petrin ( magistrale per concisione e continue variazioni di fraseggio è l’assolo del pianista in Ishtar) e la voce, Greguoldo dimostra padronanza dello strumento in contesti piu melodici, nei quali si conferma improvvisatore pregnante e non oleografico. La trascrizione dell’ostinato sul basso, la batteria che a malapena articola l’ossessiva scansione dell’originale piattino e l’idea geniale di sovraincidere melodie e improvvisazioni come già Tristano, fanno della versione di Turkish Mambo un tentativo difficile ed emozionante che troppo presto sfuma, mentre la filastrocca resa celebre da Branduardi viene stravolta in un crescendo ayleriano. Una personalità musicale già forte ricerca la matura sintesi tra molte ispirazioni diverse.
FRANCESCO MARTINELLI (Musica Jazz)
Un lavoro, che ha il pregio di coniugare efficacemente varie forme ritmiche e modi diversi con l'improvvisazione di derivazione jazzistica. Sono particolarmente felici certi passaggi in cui il giovane sassofonista da spazio ad intrecci di tipo polifonico, grazie anche alla voce del grande Schiaffini. Inoltre anche le composizioni e gli arrangiamenti denotano un'apprezzabile capacità di sintesi delle varie fonti.
Qua e là si notano le tracce di un'influenza zorniana, particolarmente nei brani direttamente o indirettamente ispirati o riconducibili alla matrice ebraica come "Vrisha" e "Klezmorimlach". Un buon disco arricchito opportunamente da musicisti vicini alla sensibilità di Greguoldo, tra cui Petrin e Fragiacomo, che non è nuovo a queste esperienze.
ENZO BODDI
Dai primi anni ’60 ad oggi non esistano più confini geografici nella musica; la miscela di stili, generi, la grande diffusione della cosiddetta World Music (grazie al lavoro capillare di due/tre etichette) ha consentito a tutti di venire in contatto con realtà per troppi anni lasciate isolate. Questa continuità dei musicisti più sensibili a sintesi di un linguaggio più avanzato, ha portato la musica verso un concetto di “totalità” piuttosto che di settorialità, proponendo di conseguenza una sintesi spesso ben riuscita di diversi generi.
Su questa strada, ottimo è Places of Dance del giovane e promettente altosaxofonista Alberto Greguoldo: un leader nel senso più completo del termine; una guida riconosciuta dai suoi stessi partner; ed è questa una qualità indispensabile all’evoluzione del jazz, e poco frequente nei musicisti. Il cd illumina un percorso musicale ispirato, suggestivo e coinvolgente.
L’originalità delle composizioni hanno melodie estremamente cantabili di vasto respiro, nello sviluppo della sapienza melodica di Alberto. Contraltista dal fraseggio melodico, e dalla sonorità delicata, leggera e talvolta stridente, Alberto è giovanissimo (del 1978) e sta già tracciando una strada che lo porterà lontanto. Nato in provincia di Pavia (a Voghera per la precisione), ha studiato a lungo il inguaggio jazzistico, frequentando ottimi musicisti e buoni seminari. Ma al contempo è rimasto affascinato dalla musica contemporanea, dal free, dalla elettronica e dall'avanguardia, dando dimostrazione in questo lavoro di aver ben assimilato e fuso i diversi linguaggi. Tanto che la tessitura d’insieme è ricca di riferimenti all’evoluzione jazz.
Riecheggiano melodie dell’antica musica orientale che poi confluiscono in esplorazioni abbastanza free, dando fondo alle risorse dell’improvvisazione su sviluppi di frasi ritmiche. Quadro di contaminazioni e di riferimenti, per la ricerca di relazioni tra mondi differenti, ma non incongiungibili: un lavoro per illustrare le vaste possibilità di scelta offerto dal jazz contemporaneo.
Il dialogo strumentale si articola come una narrazione intima attraverso le conversazioni che s’intrecciano concedendo ora l’uno, ora l’altro, di esprimere i differenti stati d’animo, mantenendosi comunque legati ad atmosfere danzanti. Con lui in questo lavoro collaborano eccellenti musicisti, a cominciare da Giancarlo Schiaffini: baricentro capace di controllare le suggestioni del leader, e che dispiega il proprio mondo poetico ricco di chiaroscuri, in una narrazione capace di coniugare la ricerca intellettuale sulle forme, con sinceri abbandoni romantici sottolineati da un suono scuro e pastoso. I suoi colori vengono usati con parsimonia in un fraseggio rigido e articolato, in cui integra il tutto con sapienza ritmicamente complessa. A Greguoldo e Schiaffini si aggiungono Mario Fragiacomo, con la sua voce calda e limpida, Guido Bosticco, che fornisce un contributo davvero rilevante meritando spazi solistici, e Nicola Arata, dal beat ottimamente sostenuto con chiara linearità, e che si dimostra batterista dalla tecnica pulita, fornendo un costante swing e una finezza dinamica frutto di sensibilità; musicista completo che persegue una precisa poetica personale.
Infine il piniasta Umberto Petrin (tra i suoi primi Maestri), che si è messo alla prova con atmosfere di grande sentimento e fraseggio nobile, elegante, velato da una fascinosa malinconia; si dimostra particolarmente originale e ispirato. Ha aggiunto una propria poesia “relax” che in questo contesto si inserisce alla perfezione; un contesto in cui il pianoforte non si limita ad accompagnare, ma dà vita a una simbiosi con la voce quasi a formare un corpo unico.
Da sottolineare la presenza anche di Sisie Georgiadis, voce gentile e profonda, che partecipa a due brani; nella canzone “relax”, intensa ed espressiva canta con grazia e ammirevole semplicità, leggendone testo e melodia nella chiave di uno schietto e limpido romanticismo. Brano dallo swing rilassato e dal sapore malinconico, crea momenti di grande intensità.
Uno dei brani del cd è dedicato ad Ishtar e ci trasporta a 5.000 anni fa...quando la divina Ishtar mostrava il suo favore alla citta` di Uruk ed era alla ricerca del suo pastore (amante). La danza e la musica accompagnavano le Ierodule (danzatrici del tempio) nel vorticoso ballo in onore della Regina del Cielo e i giovani si univano nelle strade e danzavano al suono del Pukku e Mukku...
Dalla vena poetica di Alberto Greguoldo va sottolineato anche il suo studio approfondito ed affascinate sulle divinità orientali.
GIORGIO COPPOLA
In questo nuovo progetto del giovane saxofonista pavese, improntato su musica Klezmer, Jazz, Latin, Bossa, schegge balcaniche; il tema principale è la danza abbinata ai luoghi, dal Medioriente al Sudamerica, dal Mediterraneo all’ Africa.
La voce del sax contralto è corposa e ricca di poesia e sentimento, mentre il fraseggio, a tratti spigoloso, ci riconduce a Tim Berne o a Zorn.
La musica, principalmente scritta da Greguoldo, vive di ritmo, il punto di partenza per improvvisazioni, melodie e provocazioni di suoni, che si fondono con altri brani di diverse origini come Turkish Mambo di Tristano e alla fiera dell’Est di Branduardi, che merita particolare attenzione per il pensiero profondo.
Nell’ascoltare il cd si percepisce la profonda ricerca dell’artista e la cura nella composizione dei brani, mai banali e scontati, a differenza di altri dischi di giovani talenti italiani il repertorio risulta piacevolmente vario ed in grado di valorizzare al meglio il sound dell’ ensemble.
Uno dei punti di forza del gruppo risiede indubbiamente nell'interplay, affinato da anni di reciproca frequentazione, e anche Petrin e Schiaffini, con i quali Greguoldo ha più volte collaborato, creano emozionanti spazi sonori.
La Provincia
E’ un percorso radicale ed affascinante quello tracciato dall’ascolto di questo primo lavoro personale, percettibilmente multietnico, del sassofonista Alberto Greguoldo.
Il taglio sonoro ci dà un preciso spaccato tra jazz europeo alimentato da tutta una serie di influenze prettamente balcaniche e mediterranee, ma anche dal gusto medio-orientale e brasiliano che conferiscono freschezza e sensualità ai temi.
Spicca fin da subito un grande senso d’insieme anche quando alla formazione del trio piano-less, si aggiunge la voce di un musicista totale come Giancarlo Schiaffini al trombone che in “Alcazar”, brano cool dal sound minimale, è protagonista di uno splendido dialogo in solitudine con il sassofonista pavese.
Gli altri musicisti si insinuano nelle composizioni perfettamente a loro agio: Petrin al pianoforte sottolinea delicatamente le linee melodiche con pertinenza ed assoluto lirismo mentre Mario Fragiacomo fa tesoro della sua esperienza di musicista klezmer.
La voce del sax di Greguoldo è corposa e carica di poesia e si intuisce la ricerca di un fraseggio moderno e innovativo molto vicino alla linea newyorkese e olandese.
Il trio di origine si permette di muoversi spesso liberamente, come nella riuscitissima “Alla fiera dell’est”, ma con intelligenza e grande partecipazione. Le dinamiche sono ampie e ben calibrate, solo raramente si avverte il peso del basso freetless a discapito di sonorità acustiche più agili, ma in realtà l’attenta scelta stilistica applicata agli arrangiamenti e al tipo di formazione sopperisce ampiamente a tale mancanza.
Ora si ha spontaneamente la cognizione del significato più profondo di questo posto per la danza che poi è la musica per la danza e viceversa, a mio parere fortemente contemporaneo ed affascinante, una vera e propria forma d’arte che riesce ad accorpare in unica espressione il movimento spontaneo generato dal suono.
Il cd nel suo complesso rispecchia la grande sensibilità musicale di un sassofonista che accanto al jazz, grazie all’instancabile e paziente ricerca personale condotta sullo sterminato mondo musicale, ha lasciato fluire gli stimoli e l’esperienza acquisita che gli ha permesso di concretizzarsi al meglio con alti risultati espressivi.
La Stampa
FRANCESCO MARTINELLI (Musica Jazz)
Un lavoro, che ha il pregio di coniugare efficacemente varie forme ritmiche e modi diversi con l'improvvisazione di derivazione jazzistica. Sono particolarmente felici certi passaggi in cui il giovane sassofonista da spazio ad intrecci di tipo polifonico, grazie anche alla voce del grande Schiaffini. Inoltre anche le composizioni e gli arrangiamenti denotano un'apprezzabile capacità di sintesi delle varie fonti.
Qua e là si notano le tracce di un'influenza zorniana, particolarmente nei brani direttamente o indirettamente ispirati o riconducibili alla matrice ebraica come "Vrisha" e "Klezmorimlach". Un buon disco arricchito opportunamente da musicisti vicini alla sensibilità di Greguoldo, tra cui Petrin e Fragiacomo, che non è nuovo a queste esperienze.
ENZO BODDI
Dai primi anni ’60 ad oggi non esistano più confini geografici nella musica; la miscela di stili, generi, la grande diffusione della cosiddetta World Music (grazie al lavoro capillare di due/tre etichette) ha consentito a tutti di venire in contatto con realtà per troppi anni lasciate isolate. Questa continuità dei musicisti più sensibili a sintesi di un linguaggio più avanzato, ha portato la musica verso un concetto di “totalità” piuttosto che di settorialità, proponendo di conseguenza una sintesi spesso ben riuscita di diversi generi.
Su questa strada, ottimo è Places of Dance del giovane e promettente altosaxofonista Alberto Greguoldo: un leader nel senso più completo del termine; una guida riconosciuta dai suoi stessi partner; ed è questa una qualità indispensabile all’evoluzione del jazz, e poco frequente nei musicisti. Il cd illumina un percorso musicale ispirato, suggestivo e coinvolgente.
L’originalità delle composizioni hanno melodie estremamente cantabili di vasto respiro, nello sviluppo della sapienza melodica di Alberto. Contraltista dal fraseggio melodico, e dalla sonorità delicata, leggera e talvolta stridente, Alberto è giovanissimo (del 1978) e sta già tracciando una strada che lo porterà lontanto. Nato in provincia di Pavia (a Voghera per la precisione), ha studiato a lungo il inguaggio jazzistico, frequentando ottimi musicisti e buoni seminari. Ma al contempo è rimasto affascinato dalla musica contemporanea, dal free, dalla elettronica e dall'avanguardia, dando dimostrazione in questo lavoro di aver ben assimilato e fuso i diversi linguaggi. Tanto che la tessitura d’insieme è ricca di riferimenti all’evoluzione jazz.
Riecheggiano melodie dell’antica musica orientale che poi confluiscono in esplorazioni abbastanza free, dando fondo alle risorse dell’improvvisazione su sviluppi di frasi ritmiche. Quadro di contaminazioni e di riferimenti, per la ricerca di relazioni tra mondi differenti, ma non incongiungibili: un lavoro per illustrare le vaste possibilità di scelta offerto dal jazz contemporaneo.
Il dialogo strumentale si articola come una narrazione intima attraverso le conversazioni che s’intrecciano concedendo ora l’uno, ora l’altro, di esprimere i differenti stati d’animo, mantenendosi comunque legati ad atmosfere danzanti. Con lui in questo lavoro collaborano eccellenti musicisti, a cominciare da Giancarlo Schiaffini: baricentro capace di controllare le suggestioni del leader, e che dispiega il proprio mondo poetico ricco di chiaroscuri, in una narrazione capace di coniugare la ricerca intellettuale sulle forme, con sinceri abbandoni romantici sottolineati da un suono scuro e pastoso. I suoi colori vengono usati con parsimonia in un fraseggio rigido e articolato, in cui integra il tutto con sapienza ritmicamente complessa. A Greguoldo e Schiaffini si aggiungono Mario Fragiacomo, con la sua voce calda e limpida, Guido Bosticco, che fornisce un contributo davvero rilevante meritando spazi solistici, e Nicola Arata, dal beat ottimamente sostenuto con chiara linearità, e che si dimostra batterista dalla tecnica pulita, fornendo un costante swing e una finezza dinamica frutto di sensibilità; musicista completo che persegue una precisa poetica personale.
Infine il piniasta Umberto Petrin (tra i suoi primi Maestri), che si è messo alla prova con atmosfere di grande sentimento e fraseggio nobile, elegante, velato da una fascinosa malinconia; si dimostra particolarmente originale e ispirato. Ha aggiunto una propria poesia “relax” che in questo contesto si inserisce alla perfezione; un contesto in cui il pianoforte non si limita ad accompagnare, ma dà vita a una simbiosi con la voce quasi a formare un corpo unico.
Da sottolineare la presenza anche di Sisie Georgiadis, voce gentile e profonda, che partecipa a due brani; nella canzone “relax”, intensa ed espressiva canta con grazia e ammirevole semplicità, leggendone testo e melodia nella chiave di uno schietto e limpido romanticismo. Brano dallo swing rilassato e dal sapore malinconico, crea momenti di grande intensità.
Uno dei brani del cd è dedicato ad Ishtar e ci trasporta a 5.000 anni fa...quando la divina Ishtar mostrava il suo favore alla citta` di Uruk ed era alla ricerca del suo pastore (amante). La danza e la musica accompagnavano le Ierodule (danzatrici del tempio) nel vorticoso ballo in onore della Regina del Cielo e i giovani si univano nelle strade e danzavano al suono del Pukku e Mukku...
Dalla vena poetica di Alberto Greguoldo va sottolineato anche il suo studio approfondito ed affascinate sulle divinità orientali.
GIORGIO COPPOLA
In questo nuovo progetto del giovane saxofonista pavese, improntato su musica Klezmer, Jazz, Latin, Bossa, schegge balcaniche; il tema principale è la danza abbinata ai luoghi, dal Medioriente al Sudamerica, dal Mediterraneo all’ Africa.
La voce del sax contralto è corposa e ricca di poesia e sentimento, mentre il fraseggio, a tratti spigoloso, ci riconduce a Tim Berne o a Zorn.
La musica, principalmente scritta da Greguoldo, vive di ritmo, il punto di partenza per improvvisazioni, melodie e provocazioni di suoni, che si fondono con altri brani di diverse origini come Turkish Mambo di Tristano e alla fiera dell’Est di Branduardi, che merita particolare attenzione per il pensiero profondo.
Nell’ascoltare il cd si percepisce la profonda ricerca dell’artista e la cura nella composizione dei brani, mai banali e scontati, a differenza di altri dischi di giovani talenti italiani il repertorio risulta piacevolmente vario ed in grado di valorizzare al meglio il sound dell’ ensemble.
Uno dei punti di forza del gruppo risiede indubbiamente nell'interplay, affinato da anni di reciproca frequentazione, e anche Petrin e Schiaffini, con i quali Greguoldo ha più volte collaborato, creano emozionanti spazi sonori.
La Provincia
E’ un percorso radicale ed affascinante quello tracciato dall’ascolto di questo primo lavoro personale, percettibilmente multietnico, del sassofonista Alberto Greguoldo.
Il taglio sonoro ci dà un preciso spaccato tra jazz europeo alimentato da tutta una serie di influenze prettamente balcaniche e mediterranee, ma anche dal gusto medio-orientale e brasiliano che conferiscono freschezza e sensualità ai temi.
Spicca fin da subito un grande senso d’insieme anche quando alla formazione del trio piano-less, si aggiunge la voce di un musicista totale come Giancarlo Schiaffini al trombone che in “Alcazar”, brano cool dal sound minimale, è protagonista di uno splendido dialogo in solitudine con il sassofonista pavese.
Gli altri musicisti si insinuano nelle composizioni perfettamente a loro agio: Petrin al pianoforte sottolinea delicatamente le linee melodiche con pertinenza ed assoluto lirismo mentre Mario Fragiacomo fa tesoro della sua esperienza di musicista klezmer.
La voce del sax di Greguoldo è corposa e carica di poesia e si intuisce la ricerca di un fraseggio moderno e innovativo molto vicino alla linea newyorkese e olandese.
Il trio di origine si permette di muoversi spesso liberamente, come nella riuscitissima “Alla fiera dell’est”, ma con intelligenza e grande partecipazione. Le dinamiche sono ampie e ben calibrate, solo raramente si avverte il peso del basso freetless a discapito di sonorità acustiche più agili, ma in realtà l’attenta scelta stilistica applicata agli arrangiamenti e al tipo di formazione sopperisce ampiamente a tale mancanza.
Ora si ha spontaneamente la cognizione del significato più profondo di questo posto per la danza che poi è la musica per la danza e viceversa, a mio parere fortemente contemporaneo ed affascinante, una vera e propria forma d’arte che riesce ad accorpare in unica espressione il movimento spontaneo generato dal suono.
Il cd nel suo complesso rispecchia la grande sensibilità musicale di un sassofonista che accanto al jazz, grazie all’instancabile e paziente ricerca personale condotta sullo sterminato mondo musicale, ha lasciato fluire gli stimoli e l’esperienza acquisita che gli ha permesso di concretizzarsi al meglio con alti risultati espressivi.
La Stampa
MEMORIES OF DUKE ELLINGTON
Il suo primo disco solista (Places of Dance - MAP) è stato un grandissimo successo. Merito anche degli artisti che vi parteciparono e, tra questi, il pianista Umberto Petrin e il trombonista Giancarlo Schiaffini.
Con questo secondo lavoro, Greguoldo fa emergere la vena interpretativa e abbandona per il momento quella compositiva che lo ha caratterizzato nel disco d’esordio, non a caso tutte i brani del cd sono standards suonati da Duke Ellington.
C'è una cosa che merita particolare attenzione: il significato che l'artista da alla parola momories. Questo non è un omaggio o un tributo al famoso pianista, per il saxofonista significa andare aldilà del concetto tradizionale di reinterpretare o di suonare i pezzi come li avrebbe suonati Duke Ellington, qui si nota l’interpretazione personale, senza pretese o eccessi, ma come dice lui stesso:” … è semplicemente un modo soggettivo di suonare quei brani di Duke in cui riconosco la mia vita artistica ed emotiva, non a caso per ogni singolo brano ho scelto la formazione e i musicisti che per me potevano essere i più indicati”
E andando a conoscere gli artisti, abbiamo oltre ad Alberto Greguoldo che si alterna fra sax contralto, tenore e soprano; Riccardo La Barbera, Cristiano Callegari e Andrea Chiodo al piano; Mattia Magatelli, Yuri Goloubev e Roberto Casella al contrabbasso; Riccardo Tosi e Sergio Chiesa alla batteria; Silvio Malinverno al trombone e Matteo Callegari alla voce.
GIANNI TOSCO
Alberto Greguoldo è un giovane saxofonista che da alcuni anni è attivo sulla scena musicale lombarda e sta facendosi conoscere dal grande pubblico del jazz.
Dopo il disco di esordio “Places of Dance” al quale ha partecipato il noto pianista vogherese Umberto Petrin, ecco che esce il secondo disco da leader di Greguoldo: “Memories of Duke Ellington”.
Si tratta di un lavoro importante, musicalmente ambizioso, visto soprattutto i numerosi musicisti che si sono prestati a suonare, ma allo stesso tempo accessibile e di grande impatto sonoro, due qualità che non facilmente riescono a convivere.
I brani, che fanno parte del classico repertorio di Duke Ellington, rispecchiano un progetto musicale fortemente organico e pur se la tonalità musicale dominante è d'ispirazione jazzistica, non mancano concessioni ad altri stili e atmosfere, soprattutto al blues, ma anche a ritmiche latine come quelle introdotte dalla batteria in Caravan e Perdido: il primo arricchito dal trombone di Silvio Malinverno e dal sapore arabeggiante del sax di Greguoldo, il secondo molto allegro e carico di energia, tipico dei pezzi sudamericani.
Tra le tante composizioni del “Duca” non poteva mancare Sophisticated Lady, una dedica di un sax soprano in solitudine che si leva con un suono caldo e intenso accompagnato ritmicamente solo dal guiro.
E poi Take the A Train , uno tra i pezzi più famosi della storia del jazz, suonato da un veterano della batteria: “Cece” Chiasa.
Infine Come Sunday rappresenta il momento più intimista dell'intero lavoro, e il fatto di averla inserita come ultima traccia, rafforza la poesia racchiusa nelle note, una preghiera dai toni estremamente minimali dove spicca il calore della voce di Matteo Callegari.
Il suono dei sax di Greguoldo, che alterna con disinvoltura il contralto, il tenore e il soprano, è dolce e dotato di un’enfasi espressiva che lo porteranno sicuramente lontano nella sua cariera musicale.
”Memories of Duke Ellington” non è soltanto un album dalle sonorità intriganti, ma rappresenta anche una sapiente combinazione di stili, strumenti e personalità musicali in grado di rinnovarsi in modo sempre diverso di ascolto in ascolto e che sorprendono l’ascoltatore poiché si passa dai momenti frizzanti e briosi a momenti ricchi di phatos e sentimentali che solo il jazz può suscitare.
ESVELLE JOUBERT (Jazz Italia)
Con questo secondo lavoro, Greguoldo fa emergere la vena interpretativa e abbandona per il momento quella compositiva che lo ha caratterizzato nel disco d’esordio, non a caso tutte i brani del cd sono standards suonati da Duke Ellington.
C'è una cosa che merita particolare attenzione: il significato che l'artista da alla parola momories. Questo non è un omaggio o un tributo al famoso pianista, per il saxofonista significa andare aldilà del concetto tradizionale di reinterpretare o di suonare i pezzi come li avrebbe suonati Duke Ellington, qui si nota l’interpretazione personale, senza pretese o eccessi, ma come dice lui stesso:” … è semplicemente un modo soggettivo di suonare quei brani di Duke in cui riconosco la mia vita artistica ed emotiva, non a caso per ogni singolo brano ho scelto la formazione e i musicisti che per me potevano essere i più indicati”
E andando a conoscere gli artisti, abbiamo oltre ad Alberto Greguoldo che si alterna fra sax contralto, tenore e soprano; Riccardo La Barbera, Cristiano Callegari e Andrea Chiodo al piano; Mattia Magatelli, Yuri Goloubev e Roberto Casella al contrabbasso; Riccardo Tosi e Sergio Chiesa alla batteria; Silvio Malinverno al trombone e Matteo Callegari alla voce.
GIANNI TOSCO
Alberto Greguoldo è un giovane saxofonista che da alcuni anni è attivo sulla scena musicale lombarda e sta facendosi conoscere dal grande pubblico del jazz.
Dopo il disco di esordio “Places of Dance” al quale ha partecipato il noto pianista vogherese Umberto Petrin, ecco che esce il secondo disco da leader di Greguoldo: “Memories of Duke Ellington”.
Si tratta di un lavoro importante, musicalmente ambizioso, visto soprattutto i numerosi musicisti che si sono prestati a suonare, ma allo stesso tempo accessibile e di grande impatto sonoro, due qualità che non facilmente riescono a convivere.
I brani, che fanno parte del classico repertorio di Duke Ellington, rispecchiano un progetto musicale fortemente organico e pur se la tonalità musicale dominante è d'ispirazione jazzistica, non mancano concessioni ad altri stili e atmosfere, soprattutto al blues, ma anche a ritmiche latine come quelle introdotte dalla batteria in Caravan e Perdido: il primo arricchito dal trombone di Silvio Malinverno e dal sapore arabeggiante del sax di Greguoldo, il secondo molto allegro e carico di energia, tipico dei pezzi sudamericani.
Tra le tante composizioni del “Duca” non poteva mancare Sophisticated Lady, una dedica di un sax soprano in solitudine che si leva con un suono caldo e intenso accompagnato ritmicamente solo dal guiro.
E poi Take the A Train , uno tra i pezzi più famosi della storia del jazz, suonato da un veterano della batteria: “Cece” Chiasa.
Infine Come Sunday rappresenta il momento più intimista dell'intero lavoro, e il fatto di averla inserita come ultima traccia, rafforza la poesia racchiusa nelle note, una preghiera dai toni estremamente minimali dove spicca il calore della voce di Matteo Callegari.
Il suono dei sax di Greguoldo, che alterna con disinvoltura il contralto, il tenore e il soprano, è dolce e dotato di un’enfasi espressiva che lo porteranno sicuramente lontano nella sua cariera musicale.
”Memories of Duke Ellington” non è soltanto un album dalle sonorità intriganti, ma rappresenta anche una sapiente combinazione di stili, strumenti e personalità musicali in grado di rinnovarsi in modo sempre diverso di ascolto in ascolto e che sorprendono l’ascoltatore poiché si passa dai momenti frizzanti e briosi a momenti ricchi di phatos e sentimentali che solo il jazz può suscitare.
ESVELLE JOUBERT (Jazz Italia)